Stallo nel rinnovo contrattuale con Sna che chiude su aumenti, welfare e flessibilità
Nel corso dell’incontro tenutosi per il rinnovo contrattuale tra le Sigle sindacali e Sna, come riporta una nota di Fesica-Confsal del 16 luglio, si è discusso sui temi oggetto del contratto. Dal canto suo, Fesica ha chiesto aumenti retributivi, dal momento che la retribuzione è ferma da 6 anni. Dinnanzi a questa proposta, la risposta di Sna è stata di chiusura. Sono state rispedite al mittente anche le proposte in materia di welfare e ulteriori flessibilità nel contratto.
Inoltre, le OO.SS. hanno fatto presente la mole di lavoro dei lavoratori a causa della quale i dipendenti non riescono a consumare tutte le ferie ed i permessi annuali previsti. Senza contare che il 4° livello percepisce una paga base molto al di sotto dei 1.000,00 euro. L’invito rivolto a Sna è quello di tornare al tavolo contrattuale e giungere ad un punto d’incontro per il bene dei lavoratori.
Il 20 giugno scorso Conflavoro Pmi e Fesica-Confsal, con l’assistenza di Confsal, hanno sottoscritto il rinnovo del contratto per le lavoratrici ed i lavoratori dell’industria metalmeccanica privata e dell’installazione impianti. Il contratto decorre dal 1° giugno 2024 e scade il 31 maggio 2027. Viene stabilito che il 1° giugno di ogni anno, le aziende devono mettere a disposizione dei lavoratori che hanno superato il periodo di prova strumenti di welfare per un importo annuo pari a 200,00 euro da utilizzare entro il 31 maggio dell’anno successivo. L’importo indicato in precedenza viene ridotto proporzionalmente in caso di part-time e sulla base dei mesi di anzianità di ogni lavoratore nel periodo che intercorre dal 1° giugno dell’anno precedente al 31 maggio dell’anno in corso.
Per quel che concerne il contratto a termine sono state introdotte le causali che vengono utilizzate nel caso in cui vengono instaurati i contratti di durata superiore ai 12 mesi. All’interno del rinnovo vengono stabiliti nuovi minimi retributivi in vigore dal 1° giugno 2024.
della procedura di presentazione della domanda di assegno unico e universale per i figli a carico (AUU), l’INPS ha comunicato il rilascio di nuove funzioni per la gestione della maggiorazione per genitori entrambi lavoratori in caso di domande presentate da nuclei vedovili (articolo 4, comma 8, D.Lgs. n. 230/2021).
Per effetto della suddetta novella normativa, dal 1° giugno 2023, la maggiorazione è riconosciuta, altresì, nel caso di unico genitore lavoratore al momento della presentazione della domanda, ove l’altro risulti deceduto, per un periodo massimo di 5 anni successivi a tale evento, nell’ambito del limite di godimento dell’assegno.
In caso di presentazione di una nuova domanda di assegno unico e universale da parte di un nucleo familiare monogenitoriale, con motivazione “altro genitore deceduto”, la procedura propone la compilazione di un ulteriore campo con il codice fiscale del genitore deceduto, al fine di verificare il diritto alla maggiorazione.
Nell’ipotesi di domanda già presentata da un nucleo familiare monogenitoriale per decesso dell’altro genitore, il richiedente viene informato con apposita comunicazione della possibilità di integrare la stessa al fine di usufruire della maggiorazione in esame. In entrambi i casi, la procedura verifica la presenza della data del decesso e, laddove non sia trascorso più di un quinquennio dall’evento, sottopone al richiedente apposita autodichiarazione.
Nel caso in cui il decesso di uno dei due genitori avvenga in corso di fruizione della prestazione di AUU, l’Istituto provvede in automatico al subentro del genitore superstite nella domanda e continua a riconoscere la maggiorazione per genitori entrambi lavoratori. Ricorrendone le condizioni, la maggiorazione viene erogata per i periodi successivi al 1° giugno 2023 fino al termine del quinquennio successivo all’evento del decesso e nell’ambito del limite di godimento dell’assegno.
Nell’ipotesi, infine, di decesso del genitore richiedente, a cui l’assegno unico e universale veniva corrisposto al 100% è necessario verificare la sussistenza della responsabilità genitoriale in capo all’altro genitore al fine di effettuare il subentro automatico nella domanda. Il sistema invia, dunque, una comunicazione via e-mail al genitore superstite, invitandolo a integrare la nuova domanda creata d’ufficio o la nuova scheda.
ne per la valutazione del Reddito di cittadinanza (RDC) è stata pubblicata dal Comitato scientifico incaricato ai sensi della Legge n. 26/2019 e confermato per tale scopo dalla Legge n. 85/2023: ne ha dato notizia il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che rende disponibile online sul sito istituzionale il rapporto in questione.
La pubblicazione del Comitato scientifico per la valutazione degli esiti del RDC e della Pensione di Cittadinanza (PDC) consiste nella relazione relativa alla valutazione e nel Rapporto di monitoraggio dell’impatto delle prestazioni, per l’intero periodo di vigenza del provvedimento (1°aprile 2019-31 dicembre 2023) che precede l’avvio della riforma entrata a regime dal 1° gennaio 2024 con l’introduzione dell’Assegno di inclusione.
La Relazione è stata effettuata tenendo conto delle indicazioni della Raccomandazione del Consiglio Europeo del 30 gennaio 2023 “relativa a un adeguato reddito minimo che garantisca l’inclusione attiva” con l’utilizzo di diverse fonti statistiche (ISTAT, EUROMOD, INPS, ANPAL, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), illustrate nel Rapporto di Monitoraggio, che hanno consentito di valutare l’impatto dei sussidi e delle misure di politica attiva del lavoro e per l’inclusione sociale sulla platea delle famiglie e delle persone in condizioni di povertà assoluta e per i beneficiari delle prestazioni.
Le evidenze
Sulla base dei dati forniti dall’Osservatorio Statistico dell’INPS hanno percepito il sussidio di integrazione al reddito nel periodo di vigenza, per almeno una mensilità, circa 2,4 milioni di nuclei familiari e 5,3 milioni di persone. Il numero medio delle mensilità percepite è di 26,4 per il RDC e di 32 per il PDC.
Circa un terzo dei beneficiari ha percepito il sussidio per l’intero periodo. L’importo della spesa pubblica impegnata è superiore ai 34 miliardi di euro.
Nelle indagini effettuate dall’ISTAT, la quota delle famiglie in condizioni di povertà assoluta che hanno beneficiato delle prestazioni di sostegno al reddito raggiunge il massimo del 38% nel corso del 2021 (32,3% nel 2022), per una quota equivalente al 58,7% dei beneficiari delle misure (53,4% nel 2022). Queste stime evidenziano la mancata partecipazione di un rilevante numero di famiglie povere, che deriva in parte dai criteri normativi per la selezione dei potenziali beneficiari e di una quota dei percettori (il 46,6 nel 2022), che non riscontrano le condizioni di povertà sulla base dei criteri utilizzati dall’ISTAT. Tra i motivi, probabilmente, le caratteristiche delle persone che risultano occupate negli ambiti professionali e nei settori che registrano tassi di irregolarità superiori di 3 volte alla media e con rapporti di lavoro di breve durata.
L’efficacia del Reddito di cittadinanza sulla platea dei bassi redditi è risultata più elevata nel corso della pandemia Covid (2020-2021) e ha consentito la fuoriuscita di circa 450.000 famiglie dalla condizione di povertà (circa 300.000 nel 2022).
Nei primi 3 anni di gestione le misure di politica attiva per il lavoro e per l’inclusione sociale risultano limitate dalla debolezza dei servizi dedicati allo scopo e per l’interruzione delle attività intervenuta nel corso della pandemia da Covid-19. A partire dalla seconda parte del 2021 aumentano le prese in carico delle persone e dei nuclei familiari. Allo stato attuale non si registrano effettivi riscontri sull’entità delle misure adottate, sulla loro efficacia e sull’attuazione delle condizionalità previste dalle norme e delle sanzioni relative alla mancata adesione dei beneficiari.
Le raccomandazioni
Alla luce delle valutazioni dei dati forniti dalle indagini statistiche e dal monitoraggio delle misure, il Comitato scientifico ha fornito alle Autorità coinvolte nella gestione delle misure una serie di raccomandazioni che possono risultare utili anche per valutare l’impatto delle misure riguardanti l’Assegno di inclusione e il Supporto alla formazione e al lavoro:
– l’opportunità di aggiornare le soglie ISEE per la partecipazione alle nuove misure, in particolare la soglia del reddito annuale di 6.000 euro, aumentato dalla scala di equivalenza sulla base dei carichi familiari, tenendo conto dell’impatto dell’inflazione avvenuto negli anni recenti;
inoltre, il sussidio erogato a livello nazionale dovrebbe essere considerato come un livello minimo della prestazione da integrare con misure personalizzate e con programmi di potenziamento dei servizi che tengano conto delle caratteristiche dei nuclei familiari e del territorio di appartenenza, predisponendo dei pacchetti nazionali di misure facilmente accessibili e da erogare sulla base dei fabbisogni che possono emergere dalla valutazione multidimensionale dei nuclei familiari (sanitaria, assistenziale, abitativa, lavorativa);
la promozione da parte delle istituzioni locali di attività di auditing e di coinvolgimento degli attori privato sociali e del terzo settore per valutare le iniziative che possono concorrere a migliorare i livelli di partecipazione alle misure e la promozione di servizi adeguati con il concorso di più attori;
potenziare le politiche attive del lavoro con il concorso delle agenzie per il lavoro e di aumentare la cumulabilità tra l’indennità di sostegno al reddito e i salari percepiti dalle prestazioni lavorative, anche per incentivare il tasso di impiego dei lavoratori sottoccupati e per contrastare il lavoro sommerso;
finalizzare prioritariamente i Progetti utili per la collettività (PUC) alle persone in età di lavoro che presentano particolari disagi di natura lavorativa e sociale coinvolgendo per lo scopo anche le organizzazioni del terzo settore;
rafforzare le piattaforme nazionali finalizzate a condividere le informazioni relative all’attivazione delle misure e alle prestazioni economiche erogate dalle istituzioni competenti per migliorare l’efficacia delle misure, la razionalizzazione della spesa e il sistema dei controlli preventivi.
Il 16 maggio scorso presso l’Ance Treviso si sono riunite le delegazioni di Ance Padova, Rovigo e Treviso, insieme alle OO.SS. Feneal-Uil Veneto e Filca-Cisl Padova e Rovigo, Fillea-Cgil, Feneal-Uil Veneto di Treviso e Belluno, Filca-Cisl di Belluno e Treviso e Fillea-Cgil provinciale sinistra Piave destra, Piave di Treviso per sottoscrivere l’accordo per la determinazione dell’EVR. L’Elemento variabile della retribuzione per il 2023 è determinato per gli impiegati e gli operai nella misura oraria del 4% dei minimi mensili di paga in vigore al 1° settembre 2020 divisi per il coefficiente 173. In seguito alla verifica a livello aziendale sulla base dei due indicatori aziendali, secondo quanto previsto dall’accordo territoriale 15 dicembre 2021, le aziende corrispondono gli importi dell’EVR nella misura oraria del 4%; mentre, se le variazioni dei suddetti indicatori risultano entrambi pari o positivi nella misura del 2,6% dei minimi mensili di paga al 1° settembre 2020 divisi per il coefficiente 173 e se la variazione pari o positiva interessa solo uno degli indicatori aziendali e commisurata ad un massimo di 173 ore mensili ordinarie ed equiparate. Le aziende non corrispondono l’EVR se le variazioni dei due indicatori aziendali risultano entrambe negative.
Per quel che concerne gli apprendisti operai ed impiegati, il valore orario dell’EVR è riparametrato alla percentuale di retribuzione spettante con riferimento a ciascuno dei semestri collocati nell’anno di competenza.
Gli importi dell’emolumento vengono corrisposti a consuntivo per tutte le ore ordinarie effettivamente lavorate ed equiparate nell’anno di competenza 2023 fino ad un massimo di 173 ore mensili per singolo mese, in un’unica soluzione con la retribuzione del mese di agosto 2024, o in caso di cessazione del rapporto di lavoro nei mesi da aprile a luglio 2024, con le competenze de mese di cessazione del rapporto di lavoro.
ui al DPCM n. 159/2013;
2) minorenne;
3) con almeno sessanta anni di età;
4) in condizione di svantaggio e inserito in un programma di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.
Con riferimento a quest’ultima categoria, l’art. 3, comma 5 del decreto definisce “in condizione di svantaggio” le seguenti persone:
- persone condisturbi mentali, in carico ai servizi sociosanitari ai sensi degli articoli 26 e 33 del DPCM 12 gennaio 2017, compresi gli ex degenti di ospedali psichiatrici;
- persone in carico ai servizi sociosanitari o sociali e persone con certificata disabilità fisica, psichica e sensoriale, non inferiore al 46%, che necessitano di cure e assistenza domiciliari integrate, semiresidenziali, di supporto familiare, ovvero inseriti in percorsi assistenziali integrati;
- c. persone con problematiche connesse a dipendenze patologiche, inclusa ladipendenza da alcool o da gioco, o con comportamenti di abuso patologico di sostanze, inseriti in programmi di riabilitazione e cura non residenziali presso i servizi sociosanitari;
- personevittime di tratta, di cui al D.Lgs. n. 24/2014, in carico ai servizi sociali o socio-sanitari;
- persone vittime diviolenza di genere in carico ai servizi sociali o sociosanitari, in presenza di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria ovvero dell’inserimento nei centri antiviolenza o nelle case rifugio;
- personeex detenute, definite svantaggiate ai sensi dell’art. 4, della Legge n. 381/1991, nel primo anno successivo al fine pena e persone ammesse alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno in carico agli Uffici per l’esecuzione penale esterna, definite svantaggiate ai sensi del medesimo articolo, fermo restando il soddisfacimento del requisito di cui all’art. 2, comma 2, lettera d), del D.L. n. 48/2023;
- persone individuate come portatrici dispecifiche fragilità sociali e inserite in strutture di accoglienza o in programmi di intervento in emergenza alloggiativa di cui all’art. 22, comma 2, lettera g) della Legge n. 328/2000, in carico ai servizi sociali;
- personesenza dimora iscritte nel registro di cui all’art. 2, comma 4, della Legge n. 1228/1954, le quali versano in una condizione di povertà tale da non poter reperire e mantenere un’abitazione in autonomia, in carico ai servizi sociali territoriali, anche in forma integrata con gli enti del Terzo settore; ovvero persone, iscritte all’anagrafe della popolazione residente, in condizione di povertà estrema e senza dimora, in quanto: a) vivono in strada o in sistemazioni di fortuna; b) ricorrono a dormitori o strutture di accoglienza notturna; c) sono ospiti di strutture, anche per soggiorni di lunga durata, per persone senza dimora; d) sono in procinto di uscire da strutture di protezione, cura o detenzione, e non dispongono di una soluzione abitativa; che siano in carico ai servizi sociali territoriali, anche in forma integrata con gli enti del Terzo settore;
- neomaggiorenni, di età compresa tra i diciotto e i ventuno anni, che vivono fuori dalla famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria che li abbia collocati in comunità residenziali o in affido etero-familiare, individuati come categoria destinataria di interventi finalizzati a prevenire condizioni di povertà ed esclusione sociale, in carico ai servizi sociali o socio-sanitari.
Requisiti
Ai sensi dell’articolo 2, comma 2 lettera b) del D.L. n. 48/2023, il nucleo familiare del richiedente all’atto della presentazione della domanda e per la durata dell’erogazione della prestazione, deve essere in possesso, congiuntamente, di precisi requisiti reddituali e patrimoniali, tra cui un valore ISEE, in corso di validità, non superiore a 9.360 euro.
In caso di accertamento dei requisiti dei richiedenti l’Adi per un soggetto già beneficiario del reddito di cittadinanza ovvero di altre misure nazionali o regionali di contrasto alla povertà, l’INPS sottrae dal valore dell’ISEE l’importo del trattamento percepito dal beneficiario a titolo di reddito di cittadinanza o delle altre misure nazionali o regionali di contrasto alla povertà eventualmente valorizzato nell’ISEE medesimo, rapportato al corrispondente parametro della scala di equivalenza.
In sede di prima applicazione, per le domande presentate fino al mese di febbraio 2024, in assenza di un ISEE in corso di validità, la verifica dei requisiti ai fini della erogazione nei mesi di gennaio e febbraio 2024, ove ricorrano le condizioni, è realizzata sulla base dell’ISEE vigente al 31 dicembre 2023, ferma restando la verifica del mantenimento dei requisiti sulla base di un ISEE in corso di validità per la erogazione del beneficio nei mesi successivi (articolo 3, comma 3).
Richiesta del beneficio economico
L’Adi viene richiesto all’INPS – a partire dal 18 dicembre 2023 – con modalità telematiche attraverso il sito istituzionale e il relativo percorso di attivazione viene avviato mediante l’iscrizione alla piattaforma di attivazione per l’inclusione sociale e lavorativa presente nel SIISL.
La richiesta può essere presentata anche presso gli Istituti di patronato o, dal 1° gennaio 2024, presso i centri di assistenza fiscale.
Qualora nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di svantaggio, il richiedente, in fase di presentazione della domanda, deve auto dichiarare il possesso della relativa certificazione specificando: l’amministrazione che l’ha rilasciata; il numero identificativo, ove disponibile; la data di rilascio; l’avvenuta presa in carico e l’inserimento in un progetto personalizzato o in un programma di cura, con l’indicazione della decorrenza e specificando l’amministrazione responsabile del progetto o del programma, se diversa dall’amministrazione che ha certificato la condizione di svantaggio.
All’esito delle verifiche e del conseguente eventuale accoglimento della richiesta, l’INPS informa il richiedente che, al fine di ricevere il beneficio economico e ove non vi abbia già provveduto, deve effettuare l’iscrizione presso il SIISL, secondo quanto previsto dall’art. 5 del D.L. n. 48/2023, per sottoscrivere il patto di attivazione digitale. Il richiedente deve, altresì, autorizzare espressamente la trasmissione dei dati relativi alla domanda ai centri per l’impiego, alle agenzie per il lavoro e agli enti autorizzati all’attività di intermediazione nonchè ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro.
I comuni e gli ambiti territoriali sociali (di seguito, ATS), nell’ambito della propria autonomia organizzativa e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, possono offrire assistenza nella presentazione della richiesta dell’Adi presso i servizi di segretariato sociale o altri servizi preposti a offrire informazione, consulenza e orientamento ai nuclei familiari sulla rete integrata degli interventi e dei servizi sociali.
L’indennità Adi sarà erogata attraverso la Carta di inclusione emessa da Poste Italiane.